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Violenze su operatori sanitari, i nuovi dati Inail. Crescono segnalazioni di episodi contro i farmacisti
Minacce, aggressioni e violenze contro gli operatori sanitari sono segnalate in crescita e, complice anche la crisi sanitaria, il fenomeno sta destando sempre più preoccupazione, tanto che da parte del ministero della Salute sono allo studio misure. Uno scenario emerge dai dati Inail, rilanciati in preparazione della seconda edizione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e sociosanitari, prevista per domani. Intanto, per quanto riguarda i farmacisti, le aggressioni vengono segnalate in crescita e in alcuni casi risultano legate a episodi di rapina, in aumento rispetto al periodo della pandemia.
Aggressioni e minacce in sanità: i dati aggiornati Inail
I casi di infortunio sul lavoro accertati e codificati come aggressioni e minacce nei confronti del personale sanitario sono stati, secondo l'ultimo aggiornamento dei dati Inail effettuato in occasione della giornata contro la violenza sugli operatori sanitari, 4.821 nel triennio 2019-2021, per una media di circa 1.600 l'anno. A emergere è che quasi quattro persone colpite su 10 sono nella fascia di età 35-49 anni. Il 37% è concentrato nel settore assistenza sanitaria, che include ospedali, case di cura, istituti, cliniche e policlinici universitari, il 33% nei servizi di assistenza sociale residenziale, che comprendono case di riposo, strutture di assistenza infermieristica e centri di accoglienza, mentre il restante 30% ricade nel comparto dell'assistenza sociale non residenziale. Il 71% ha riguardato le donne, mentre per entrambi i generi si rileva che il 23% dei casi interessa gli operatori sanitari fino a 34 anni, il 39% quelli da 35 a 49 anni, il 37% da 50 a 64 anni e l'1% oltre i 64 anni. Per quanto riguarda la professione, oltre un terzo riguarda infermieri ed educatori professionali. La professione più colpita è quella dei tecnici della salute, in cui si concentra più di un terzo dei casi. Si tratta prevalentemente di infermieri, ma anche di educatori professionali, normalmente impegnati in servizi educativi e riabilitativi con minori, tossicodipendenti, alcolisti, carcerati, disabili, pazienti psichiatrici e anziani all'interno di strutture sanitarie o socio-educative. Seguono, con il 29% dei casi, gli operatori socio-sanitari delle professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali e, con il 16%, le professioni qualificate nei servizi personali e assimilati, soprattutto operatori socio-assistenziali e assistenti-accompagnatori per persone con disabilità. Più distaccata, con il 3% dei casi di aggressione ai danni del personale sanitario, la categoria dei medici, che non include però nell'obbligo assicurativo Inail i sanitari generici di base e i liberi professionisti.
I casi di violenza a danno degli esercenti le professioni sanitarie sono diffusi, ma come era stato evidenziato di recente da Inail, non sempre sono agevolmente inquadrabili dal punto di vista numerico. Gli episodi risultano essere sottostimati anche perché non sempre vengono denunciati: spesso la vittima soprassiede e in alcuni casi ha comunque paura di andare avanti.
Osservatorio sulla sicurezza e più presidi di polizia: le misure
Sul fenomeno è intervenuto oggi a UnoMattina il ministro della Salute, Orazio Schillaci che ha ricordato il lancio della campagna #laviolenzanoncura sui social media del Ministero, che culminerà domenica (con poter e locandine da affiggere anche nelle farmacie). «Nell'ultimo periodo», ha detto il Ministro, «abbiamo visto un crescente numero di episodi di aggressione soprattutto nei Pronto soccorso a danno degli operatori sanitari, con gran parte delle violenze a carico di operatrici, in particolare infermiere. L'Osservatorio che è attivo su questo tema ha preparato una relazione che verrà inviata alle Camere entro al fine del mese. Intanto, abbiamo aumentato, in collaborazione con il ministero dell'Interno, il numero di presidi di polizia all'interno degli ospedali e stiamo avviando una campagna di sensibilizzazione. C'è tutto il nostro impegno». Ma dobbiamo anche «offrire una maggiore sanità territoriale ai cittadini come è emerso negli anni della pandemia». Da parte del presidente della Federazione degli Ordini dei medici, Filippo Anelli viene sottolineato che «il 68% degli operatori sanitari dichiara di aver subito almeno un episodio di violenza sul lavoro. Il livello di aggressioni è molto alto nei pronto soccorso, nelle guardie mediche, negli ambulatori specialistici territoriali, soprattutto quelli psichiatrici. E per questo è necessario trovare un mediatore, una figura che spieghi ai cittadini quello che sta succedendo, il perché dei ritardi, le attese».
Crescono segnalazioni di aggressioni verso i farmacisti. I dati sulle rapine
Per quanto riguarda i farmacisti, da Andrea Mandelli, presidente Fofi, viene rilevato come «gli atti di violenza si ripetono con preoccupante frequenza anche nei confronti di questi professionisti mentre esercitano la loro professione al servizio dei cittadini, rappresentando il primo e più accessibile presidio sanitario sul territorio. A ciò vanno aggiunti gli episodi di furti e rapine subiti da farmacie e parafarmacie, bersaglio di malviventi, se non addirittura di ladri seriali, che agiscono anche durante il servizio al pubblico, mettendo a rischio l'incolumità di tutta la comunità. Abbiamo da poco celebrato la Giornata del personale sanitario per ricordare l'impegno profuso da tutti i professionisti durante la pandemia: rendere onore a chi lavora instancabilmente per rispondere alle necessità dei cittadini vuol dire anche impegnarsi per tutelare, sempre e in qualsiasi contesto, il personale e le strutture del Ssn che non possono e non devono essere in alcun modo oggetto di atti di violenza».
In merito alle rapine ai danni delle farmacie, secondo i dati più recenti del Rapporto dell'Ossif (Osservatorio intersettoriale sulla criminalità istituito dall'Associazione banche italiane) a cui partecipa anche Federfarma, dopo il calo durante la pandemia, sono tornate a crescere, pur non raggiungendo i valori precedenti al Covid-19. Nella prima metà del 2022, sono state registrate 168 rapine, con una crescita del 5,9% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Nel corso del 2021, le rapine sono state 435, con un aumento rispetto al 2020 del 2,3%. Dati che comunque sono lontani dal picco che il settore aveva visto nel 2013, con oltre 1.200 rapine.
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- Scritto da Ordine Farmacisti MC
Reazioni avverse ai farmaci: ridotte del 30% con trattamento basato su analisi genetica
Uno studio pubblicato su The Lancet mostra che un'analisi genetica prima della terapia farmacologica potrebbe ridurre del 30% le reazioni avverse ai farmaci e i relativi costi sanitari. In tutto il mondo, il problema delle reazioni avverse è considerevole. In Europa causano fino a 128.000 morti all'anno e sono la causa del 9% di tutti i ricoveri ospedalieri, una cifra che raddoppia fino al 20% nelle persone di età superiore ai 70 anni. Tuttavia, queste incidenze potrebbero essere ridotte, adattando i farmaci ai geni di ciascun paziente.
Identificati 12 geni specifici per metabolismo ed effetti dei farmaci
Lo studio "PREPARE" (Preemptive Pharmacogenomic Testing for Preventing Adverse Drug Reactions) ha incluso quasi 7.000 pazienti provenienti da sette paesi (Austria, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Slovenia, Spagna e Regno Unito), tra marzo 2017 e giugno 2020, tutti genotipizzati rispetto alle variazioni di dodici geni specifici significativi per il metabolismo, il trasporto e gli effetti collaterali dei farmaci. Tutti i partecipanti hanno quindi ricevuto i loro farmaci in modo convenzionale o con una modifica basata sul genotipo. Dodici settimane dopo l'inizio del loro regime farmacologico, i pazienti sono stati contattati in merito a qualsiasi reazione avversa sviluppata, come diarrea, dolore o perdita del gusto.
Meno reazioni avverse nei pazienti con trattamento basato sul genotipo
"I pazienti che hanno ricevuto un trattamento basato sul genotipo hanno avuto, in media, il 30% in meno di reazioni avverse rispetto ai controlli ", secondo il prof. Ingelman-Sundberg , esperto, con lunga esperienza nell'Agenzia Europea del farmaco (EMA). " I nostri risultati suggeriscono che una genotipizzazione iniziale dei pazienti genererà risparmi significativi per la società".
"Il test deve essere fatto solo una volta per paziente e si può generare un "Dna pass" fondamentalmente una carta con una striscia magnetica contenente tutti i dati genetici importanti su un particolare paziente", spiega l'autore. "Quando la scheda di un paziente viene scansionata, medici e farmacisti potranno calcolare la dose ottimale di un farmaco per quel particolare individuo".
Paolo Levantino
Farmacista clinico e giornalista scientifico
Fonte:
The Lancet, doi: 10.1016/S0140-6736(22)01841-4
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