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Vaccini, nuovo Piano nazionale sancisce ruolo di farmacie e farmacisti. Focus su standard e formazione post lauream
Il modello organizzativo delle vaccinazioni eÌ un modello a rete e se gli attori fondamentali della promozione sono i medici di medicina generale e i pediatri, l'esperienza del Covid-19 ha portato a piena maturazione il coinvolgimento dei farmacisti e delle farmacie. L'approccio di riferimento è quello di tipo "hub and spoke", ma a fronte dell'apertura di nuovi percorsi resta indispensabile la definizione di standard organizzativi. Accanto a questo, i tempi sono maturi per abbandonare un modus operandi passivo e passare a una logica proattiva. È questa una delle indicazioni al centro del nuovo Piano Nazionale di Prevenzione vaccinale 2023-2025 - trasmesso nei giorni scorsi dal Ministero della Salute per il passaggio in Conferenza Stato-Regioni, a febbraio - che valorizza anche il ruolo delle farmacie.
Nel nuovo Piano vaccini la rete si allarga a farmacie e farmacisti
Il panorama relativo all'organizzazione dei Servizi Vaccinali a livello regionale e intraregionale appare oggi fortemente eterogeneo. Alla luce di questo, si legge nel documento circolato in bozza in questi giorni, i programmi di vaccinazione devono essere oggetto di attenta programmazione e la riorganizzazione deve condurre a una unitarietà e omogeneità dell'attività vaccinale sull'intero territorio. Oggi, sempre più, il modello organizzativo delle vaccinazioni eÌ un modello a rete. Se storicamente vi eÌ stata una comune sinergia tra i MMG e i PLS, nell'ambito della campagna vaccinale per l'emergenza COVID-19 questa si è espansa con il coinvolgimento di ulteriori attori e l'individuazione di nuovi contesti di erogazione, portando a piena maturazione il coinvolgimento nella rete dei farmacisti e delle farmacie. È quindi auspicabile valutare il mantenimento e il potenziamento di questi percorsi. La sinergia tra tutte le professionalità coinvolte gioca un ruolo strategico ed eÌ necessario trarre esperienza dalle soluzioni attuate in via emergenziale per definire nuovi percorsi estendibili alle altre malattie prevenibili da vaccino, oltre a valutare i migliori modelli organizzativi. In particolare, eÌ auspicabile l'applicazione di un modello di tipo "hub and spoke" che assicuri capillarità dei punti vaccinali con allargamento del personale preposto alle vaccinazioni, semplificazione dell'accesso alle sedute vaccinali e un approccio procedurale per garantire l'offerta attiva delle vaccinazioni.
In questa direzione diventa indispensabile che vengano definiti degli standard organizzativi che garantiscano l'offerta di servizi di qualità con il massimo della competenza professionale.
La formazione universitaria e post lauream va potenziata
Un altro aspetto che emerge è che, come per altre condizioni sanitarie, anche per la prevenzione vaccinale appare il momento di abbandonare l'approccio passivo di richiesta da parte del soggetto, per passare alla logica proattiva di un percorso vaccinale centrato sul paziente. Oltre a questo approccio, nella pianificazione delle campagne vaccinali, appare strategico favorire le vaccinazioni raccomandate per le condizioni di rischio per patologia/stato immunitario. La promozione delle vaccinazioni dovrebbe poi includere in maniera trasversale i gruppi di popolazione vulnerabili, a maggior rischio sia di malattie prevenibili da vaccino che di basse coperture vaccinali per effetto della posizione socio-economica e della marginalizzazione sociale (quali migranti, soggetti senza dimora, detenuti, residenti in comunitaÌ, tossicodipendenti, etc.) per i quali eÌ necessario predisporre strategie e approcci dedicati, attivare servizi territoriali prossimi alla condizione di disagio, coinvolgere attori della società civile e gli enti del terzo settore.
Certamente, anche la comunicazione in ambito vaccinale va innovata e potenziata e tra gli aspetti sottolineati c'è anche l'intenzione di rafforzare il tema della vaccinologia nella formazione universitaria e post-universitaria e fornire opportunità di formazione continua per gli operatori sanitari.
In calendario spinta a Herpes Zoster. Per coinvolgere adolescenti più open day
Per quanto riguarda il calendario vaccinale, che diventa un documento distinto e, pertanto, facilmente aggiornabile in base ai futuri scenari epidemiologici, alle evidenze scientifiche e alle innovazioni in campo biomedico, riporta alcune modifiche, tra cui le indicazioni per gli over 60. A costoro la raccomandazione è di effettuare la vaccinazione antinfluenzale annuale a partire dal compimento dei 60 anni, quella anti pneumococcica (vaccinazione sequenziale PCV/PPSV23 - una dose di PCV seguita da una dose di PPSV23 a distanza di almeno un anno) a partire dai 65 anni, ma anche, sempre a partire da quella età, la vaccinazione anti Herpes Zoster: 1 dose o 2 dosi in base al vaccino utilizzato.
In generale, in merito agli obiettivi che si vuole raggiungere attraverso il Piano nazionale vengono focalizzati quello di mantenere lo status polio-free; raggiungere e mantenere l'eliminazione di morbillo e rosolia; rafforzare la prevenzione del cancro della cervice uterina e delle altre malattie HPV correlate. Per questo obiettivo, in particolare, una delle strategie indicate è quella di favorire la vaccinazione attraverso l'ampliamento dell'accesso ai servizi vaccinali, l'organizzazione di open day e attività di catch up. Tra gli altri obiettivi c'è anche quello di raggiungere e mantenere le coperture vaccinali target strutturando reti e implementando percorsi di prevenzione vaccinale, completare l'informatizzazione delle anagrafi vaccinali regionali e mettere a regime l'anagrafe vaccinale nazionale, migliorare la sorveglianza delle malattie prevenibili da vaccino, rafforzare la comunicazione in campo vaccinale, promuovere nei professionisti sanitari la cultura delle vaccinazioni e la formazione in vaccinologia.
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Carenza farmaci, Garattini: legge obblighi prescrizione generici. Egualia contraria: lede libertà prescrittiva
Fa ancora discutere l'allarme sulla carenza di farmaci e se per Silvio Garattini presidente dell'Istituto Mario Negri, servirebbe una legge che renda obbligatoria la prescrizione del generico, per Egualia che rappresenta le aziende genericiste, eventuali obblighi prescrittivi sarebbero lesivi della libertà prescrittiva del medico. La replica all'ipotesi di modifiche normative avanzate da nasce dall'intervista a Garattini su La Stampa.
Garattini: allarme privo di fondamenti
Per Garattini, si legge sul quotidiano, l'allarme sulla carenza dei farmaci in Italia e "privo di fondamenti, ma se si vuole risolvere la questione servirebbe una legge che renda obbligatoria la prescrizione del farmaco generico. Sugli scaffali delle farmacie scarseggiano i farmaci con i nomi commerciali ma corrispettivi generici possono acquistare senza problemi ed è raro che esista un solo farmaco per una determinata indicazione. Sarebbe auspicabile una campagna informativa del ministero della salute che metta in chiaro come stanno le cose cioè che non c'è nulla da temere".
Garattini ricorda che in Italia c'è una forte resistenza sui farmaci generici "sia da parte dei medici che dai pazienti" pertanto "soltanto il 40% appartiene alla categoria dei generici. Nel Regno unito siamo intorno al 60%, in Germania all'80%". E lancia una serie di proposte. Ai farmacisti suggerisce di "fare maggior ricorso ai farmaci generici anche a costo di rinunciare a maggiori guadagni assicurati da quelli commerciali".
Propone di "cambiare l'attuale sistema nell'università dove si studiano i farmaci con il loro nome generico approvato dall'Organizzazione mondiale della sanità, quindi identico in tutto il mondo". Infine, "si potrebbe intervenire sui prezzi equiparando quelli dei farmaci generici a quelli dei prodotti a marchio delle case farmaceutiche ma è un'ipotesi che ritengo remota. Molto più percorribile la strada nell'elaborazione di una legge che rende obbligatoria la prescrizione del farmaco generico".
Egualia: no a obblighi prescrittivi. Le norme necessarie ci sono
In Italia, replica Enrique Häusermann presidente di Egualia, "esistono già tutte le norme necessarie a promuovere la prescrizione dei farmaci generici-equivalenti: sono state introdotte nel 2012 e nessuno le ha mai cambiate. Ipotizzare una nuova norma di legge che imponga l'obbligo di prescrivere il generico è inutile e dannoso. Sarebbe lesiva della libertà prescrittiva del medico - che autonomamente e sotto la propria responsabilità e con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali - e contrario a qualsiasi criterio di mercato basato sulla libera concorrenza, dunque inaccettabile per qualsiasi impresa farmaceutica".
"La materia - ricorda - è stata regolata dalla legge 135 e dalla legge 221 del 2012: quando il medico cura per la prima volta un paziente per una patologia cronica o per un nuovo episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili più medicinali equivalenti è obbligato a indicare nella ricetta il principio attivo del medicinale e ha facoltà di facoltà di indicare nella ricetta anche la denominazione (di marca o generica) di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo. L'indicazione è vincolante per il farmacista solo se il medico inserisce in ricetta la clausola di non sostituibilità o se il farmaco indicato abbia un prezzo pari a quello di rimborso, fatta comunque salva la diversa richiesta del cliente. Le norme sono chiarissime. Forse - conclude Häusermann - ne andrebbe monitorata meglio l'attuazione da parte dei prescrittori. E andrebbe fatta una campagna di informazione e sensibilizzazione indirizzata anche ai medici oltre che ai pazienti. Perché il problema dello scarso utilizzo dei generici-equivalenti in Italia ha radici esclusivamente culturali".
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